22/09/2010
Si ritiene che il riferimento sia al caso del genitore socio di associazione sortiva dilettantistica che paga all'associazione stessa la quota annuale per far partecipare il figlio all'annata agonistica, piuttosto che per fargli fare dei corsi di avviamento allo sport.
In tale caso il fruitore del servizio non è letteralmente il socio e pertanto potrebbe essere contestata la decommercializzazione dei corrispettivi specifici prevista dall'art. 148 terzo comma del Tuir.
In realtà il caso è molto frequente, basti pensare al caso delle associazioni "pure" di calcio, cioè di quelle associazioni che curano solamente i settori giovanili senza avere una cd. Prima squadra.
Siamo sicuramente in presenza di un'associazione che diffonde la pratica sportiva e pertanto di una vera associazione sportiva dilettantistica "meritevole di tutela", ma nella stragrande maggioranza dei casi queste associazioni sono costituite da un gruppo di persone (maggiorenni) volontarie che il più delle volte coincide con il consiglio direttivo.
Per quanto riguarda i ragazzi che fanno parte delle squadre di calcio va considerato che se associati gli statuti, nella stragrande maggioranza dei casi, prevedono il non diritto di voto ai soci minorenni, ma come ho già evidenziato in altri interventi sono pur sempre soci con tutti gli altri diritti (convocazione alle assemblee in primo luogo).
Per ovviare a questo problema e per consentire in ogni caso la decommercializzazione delle quote pagate per partecipare all'annata agonistica ai sensi dell'art. 148 comma 3 del tuir è possibile semplicemente tesserare il ragazzino alla federazione/ente a cui si è affiliati rispettando così le condizioni indicate dallo stesso terzo comma per non considerare imponibili tali quote.