10/03/2010
Le divisioni in squadra tra chi è tecnicamente più talentuoso e chi non lo è sono purtroppo molto frequenti. Da come descrive la situazione, mi pare di capire che è nella sua filosofia cercare di dare opportunità di gioco a tutti: e questo a mio parere è un ottimo atteggiamento, soprattutto perchè si sta parlando di squadre giovanili, in cui gli obiettivi principi, secondo me, devono poter essere il divertimento, la coesione e la collaborazione tra compagni. Credo sia essenziale che, come allenatore, lei debba chiarire a tutti gli atleti qual è la sua filosofia di allenamento fin dall'inizio della stagione, in modo da non doversi "giustificare" (rispetto all'idea che tutti hanno il diritto di giocare) a metà strada nè con gli alteti nè con i gentori, ma semmai ribadirlo come aspetto già affrontato.
Venendo al problema specifico, una squadra tagliata in due (o forse in più sotto-gruppi ancora) non è una squadra: quindi deve poter cambiare questa situazione, prima di tutto spiegando ai suoi atleti perchè ritiene necessario un cambiamento e, quindi sensibilizzandoli e responsabilizzandoli tutti rispetto a un problema che lei percepisce.
Osservare bene come gli atleti si "distribuiscono" in macro-gruppi o in sotto-gruppi è poi essenziale: e questo va fatto sia rispetto al loro comportamento in campo sia rispetto ai loro rapporti extra-sport (ad es, come si dividono quando si va in trasferta? Ci sono differenze rispetto al campo di gioco?). Poi, "rimpastare" la squadra può essere una soluzione, facendo giocare insieme i ragazzi che tendenzialmente si evitano, dando frequenti feedback rispetto ai comportamenti coolaborativi mostrati in campo (es i passaggi). Questo non significa dare rinforzi basati su constatazioni non realistiche ai meno dotati, semmai lodare l'impegno, o altre loro capacità utili per la squadra, come ad es generosità, determinazione, o la voglia di spingere fino alla fine della partita, capacità di incoraggiare gli altri etc: mettendo cioè in luce le caratteristiche (tecniche o personali) che ciascuno porta in squadra.
Inoltre, può essere utile parlare con i due leader, responsabilizzandoli rispetto a cosa significa coesione e comportamento di squadra: insieme (tutti) si vince e si perde; ma cos'è realmente importante, il risultato o la capacità di supportarsi a vicenda, uscire tutti insieme dalle difficoltà...? Guadagnarsi la loro collaborazione e senso di responsabilità può essere estremamente utile in questa situazione. Questo, insieme al lavoro di "sensibilizzazione" diretta e indiretta circa le capacità e il contributo di ciascuno in squadra, e naturalmente all'affermazione motivata ed eplicita del suo ruolo di leader può aiutarla a riprendere le redini di una vera "squadra" e non di un "gruppo" di atleti.